responsabilità medica- DOMANDE RICORRENTI

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Una domanda ricorrente che mi viene posta è “avvocato ho subito un intervento con esiti negativi 11 anni fa, posso ancora agire per il risarcimento del danno?

E’ importante definire i contorni della PRESCRIZIONE nell’ambito della responsabilità medica.

Per questo tipo di prescrizione non rileva il “dies a quo” ossia il giorno in cui si è concretizzata la condotta dannosa, ma il giorno dal quale è percepibile l’effetto della condotta stessa, quindi anche molto tempo dopo (perfino anni) che questa abbia avuto luogo.

Un esempio può esser dato dal chirurgo che dimentica dell’attrezzatura nel sito in cui ha operato.

Per il paziente il termine da cui decorre la prescrizione non sarà il giorno dell’operazione ma il giorno in cui si accorge della pinza che porta in pancia.

Ergo molto più tempo per agire a fini risarcitori. Va ricordato inoltre che la prescrizione (essendo la responsabilità medica di tipo contrattuale) è di 10 anni e non 5!

Responsabilità Medica e Onere della Prova:

solitamente l’onere della prova è in capo a chi agisce in giudizio, ma nel caso di cui trattasi, sempre secondo il citato principio che la responsabilità medica è di natura contrattuale, si applica l’art. 1212 c.c.: quindi vi è l’inversione dell’onere della prova e sarà compito del medico dimostrare, qualora possibile, la propria non colpevolezza.

Responsabilità Medica e Consenso Informato:

Sul “nostro” tanto discusso consenso informato vi espongo una sentenza della Corte di Cassazione (23676/08).

Un signore testimone di Geova giunge esamine al Pronto Soccorso, nei suoi pantaloni viene trovato un biglietto recante la volontà dello stesso di non essere sottoposto a trasfusioni neanche in caso di necessità.

I medici operano comunque la trasfusione e lo sfortunato signore contrae l’HIV.

Il malcapitato agisce per ottenere il risarcimento del danno.

– Viene negata la responsabilità dei medici sulle sacche infette in quanto ovviamente non è loro responsabilità (non posso avere contezza sulle sacche) ma semmai è responsabile il Ministero.

– Non vengono neanche condannati per aver praticato la trasfusione nonostante il biglietto in quanto per rifiutare una prestazione medica è obbligatorio essere informati sulle conseguenze di quel rifiuto.

In sostanza ciò che rileva è il CONSENSO ATTUALE (si conoscono modi, tempi ed effetti) e non il consenso anticipato (non vi è informazione sulle conseguenze perché si basa su un’ipotesi).

Altro principio della cd. “giurisprudenza normativa della Corte di Cassazione” (sent. 2847/10) riguarda il bene oggetto di tutela del consenso informato.

Responsabilità Medica – Cosa tutela il consenso informato?:

Cosa tutela il consenso informato? La salute del paziente? NO!!!

Il consenso informato tutela l’autodeterminazione del paziente! (Afferma la Suprema Corte)

Proprio per questo principio si può agire anche se l’intervento è riuscito ma vi è stato un difetto nell’informazione.

Significativa, a riguardo, fu la vicenda vissuta da Mr. Moore. Questo cittadino americano nel 1976 si fece visitare nel centro medico dell’ Università di California, a Davis. Nel corso di tale visita gli venne diagnosticata una rara forma di leucemia e di conseguenza gli venne in seguito asportata, a scopo terapeutico, la milza. Tra il 1976 ed il 1983 il Moore si sottopose a numerose visite di controllo ed analisi, che richiesero il prelievo di tessuti corporei quali sangue, midollo osseo e sperma. Nel 1984 venne per caso a conoscenza del fatto che, nello stesso anno, il centro universitario di Davis ed i due medici che dal 1976 lo assistevano avevano ottenuto un brevetto per una coltura di cellule (linfociti T), denominata cellule Mo. Il Moore scoprì anche che la coltura brevettata derivava proprio dalla milza che gli era stata asportata, il cui tessuto, a causa della forma tumorale, aveva assunto determinate peculiarità. Il centro medico universitario di Davis ed i suoi medici avevano concesso, dietro COMPENSO, la licenza per lo sfruttamento commerciale del brevetto a due differenti società farmaceutiche.

Mr. Moore intentò dunque un’azione ma in America non vigono i nostri principi di acquisto della proprietà, pertanto l’attribuzione della proprietà (della milza in questo caso) viene riconosciuta a chi può meglio sfruttarne le capacità economiche: cosa ne avrebbe fatto Mr. Moore della sua milza? Avrebbe sfruttato le sue peculiarità scientifiche ed economiche? Per i giudici americani no!

Quindi su questo punto non ottenne nulla, ma ebbe invece il risarcimento del danno per la violazione del consenso informato!

Tornando a noi, dalla violazione del consenso informato deve derivare un danno grave al paziente.

L’onere della prova questa volta ricade sul paziente al quale spetta dimostrare che non avrebbe accettato la prestazione dal sanitario se avesse ricevuto l’informazione.

Concludendo, bisogna ammettere che il consenso informato è uno strumento imperfetto: il paziente non dispone del contenuto (non può negoziare gli effetti collaterali di un trattamento!) e non dispone degli effetti. E’ paradossale che un atto che nasce per tutelare il bene “autodeterminazione” del paziente sia un atto in cui realmente non vi è autodeterminazione!

Tuttavia è anche grazie agli strumenti, in origine, imperfetti che poi si giunge a strumenti giuridici validi.

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